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L’ennesima “speranzata”: oltre al danno la beffa, bastonata doppia per il settore turistico

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Eccola, l’ennesima “speranzata”. Il metodo è quello odioso a cui ormai siamo abituati: una decisione non supportata da dati o analisi, ma presa sull’onda dell’emotività mediatica, del clamore sollevato da qualche titolo di giornale “a effetto” o servizio televisivo con notizie “pompate”.

L’ultimo scandalo nazionale è quello degli italiani “in fuga” all’estero per le vacanze di Pasqua. Chi può permetterselo, beato lui, ma anche chi è disposto ad accettare il rischio di qualche fastidioso contrattempo dovuto al Covid, se ne vola via per qualche giorno dalla gabbia che è diventato il nostro Paese. Tutto, pur di parlare il meno possibile degli scandali veri…

Nessun esodo, ovviamente. Il polverone è stato alzato per 2.450 passeggeri prenotati, tanto è bastato a scatenare i media mainstream e i nostri politici, gli uni e gli altri non contenti del terrorismo sanitario alimentato e della colpevolizzazione dei cittadini praticata in quest’ultimo anno.

Spontanea è sorta la domanda: ma possibile che a Pasqua non ci possiamo muovere, non possiamo spostarci da una regione all’altra, in alcune regioni non si possono raggiungere le seconde case, ma possiamo recarci in aeroporto per andarcene alle Baleari o alle Canarie? Sì, è possibile. La contraddizione è più che altro apparente, perché è del tutto ovvio che non è il governo italiano (per fortuna) a regolare gli ingressi negli altri Paesi.

Tra poter andare all’estero e non potersi muovere in Italia, l’assurdità (autoinflitta) è la seconda, ma il risultato di questo rumore per nulla è che il ministro Speranza si è mosso per limitare anche i pochi spostamenti verso l’estero.

Dunque, nel merito, la nuova ordinanza punitiva del ministro della salute dispone per arrivi (di stranieri) e rientri (di italiani) da Paesi dell’Unione europea quanto già previsto per quelli da Paesi extra Ue: tampone alla partenza, quarantena di 5 giorni all’arrivo, e ulteriore tampone alla fine dei 5 giorni. Per carità, un tampone rapido al rientro, o meglio dopo qualche giorno ci sta. Ma la quarantena è chiaramente un modo per scoraggiare partenze e arrivi, quel minimo di movimento in cui poteva sperare qualche nostro operatore turistico.

Dicevamo, il metodo: non essendo stata concepita prima, è lecito supporre che questa ordinanza nasca in risposta al “caso” sollevato in questi giorni dalla stampa. Ripetiamo: per 2.450 prenotazioni accertate, numeri ridicoli rispetto alle perdite dell’ultimo anno.

Peccato che questa volta l’ordinanza sia stata accolta con favore anche da Matteo Salvini (“meglio tardi che mai”), in un inedito tandem con Speranza. La quarantena per chi arriva, o per chi torna da qualche giorno di vacanza all’estero, non restituirà dignità agli operatori del turismo e agli albergatori italiani. A penalizzarli è il lockdown deciso dal nostro governo. Solo riaperture e libertà di movimento potranno restituire loro dignità e lavoro. Al più, la quarantena scoraggerà qualcuno a partire: oltre al danno, la beffa per agenzie di viaggio e tour operator – anch’essi italiani – che avevano intravisto nel ponte pasquale la possibilità di una boccata d’ossigeno dopo mesi di apnea.

Smentendo sia Bonaccini che Salvini, preoccupati di tutelare i nostri albergatori, è lo stesso presidente di Federalberghi Bernabò Bocca a vederla così: “La toppa è peggio del buco”, ha spiegato all’agenzia Ansa. “Noi non volevamo assolutamente fare la guerra agli italiani che vanno all’estero, tanto meno a tour operator e agenzie di viaggi italiani di cui abbiamo la massima considerazione”. Il discorso di assoluto buon senso che fa Federalberghi è semplice: se il tampone vale per andare all’estero, perché non può valere anche in Italia? “Se è permesso salire su un aereo col tampone, sia permesso anche entrare in hotel”. Non fa una piega.

Insomma, bastonata doppia al settore turistico: dopo i nostri albergatori danneggiati dal lockdown, mazziati anche i tour operator. La contraddizione di poter andare all’estero ma non poter girare per il nostro Paese avrebbe dovuto servire come argomento per rimuovere divieti illogici a casa nostra, questo chiedeva Federalberghi, non per sigillare le frontiere.

Ma c’è un altro aspetto dietro questa ordinanza che vale la pena sottolineare. Un dato moralistico che in realtà è alla base dell’intero approccio alla pandemia adottato dai nostri cattocomunisti, che detengono le leve del potere politico e mediatico: se ne esce soffrendo e nessuno ha il diritto di “evadere” o svagarsi. Non a caso il tema era stato sollevato tre mesi fa, a inizio gennaio, da Papa Francesco: “Mi addolora chi va in vacanza per sfuggire al lockdown“.

Ne abbiamo già parlato su Atlantico Quotidiano con un magistrale articolo di Stefano Magni a proposito dei “furbetti” dei vaccini: guai a fuggire dal “castigo collettivo”. “L’unica cosa che interessa al collettivista è l’equa sofferenza di tutti. Se il Paese piange, nessuno deve ridere”. Tutti solidali nella sofferenza…

Nell’era della sharing economy i governi Conte 2 e, purtroppo, Draghi, che temiamo si stia avviando per la stessa strada, hanno praticato il “misery sharing”: la vera uguaglianza sta nella condivisione della miseria.

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