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Cinque anni senza Lady Thatcher: una politica fatta di principi e un modello di leadership

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L’otto aprile di cinque anni fa moriva Margaret Thatcher, la donna che guidò con mano ferma il governo del Regno Unito per più di dieci anni.

E’ oramai opinione comune degli storici che l’Inghilterra che la Lady di Ferro lasciò ai suoi successori nel novembre del 1990 fosse profondamente cambiata in meglio rispetto a come si presentasse nel maggio del 1979 quando iniziò il ciclo thatcheriano.

L’azione della Thatcher consentì la riduzione del debito pubblico dal 52 al 32 per cento del PIL, del deficit di bilancio da 5 al 2 per cento, delle spese pubbliche dal 45 al 39 per cento. L’inflazione si dimezzò in dieci anni dal 16 all’8 per cento, l’aliquota base dell’imposta personale sui redditi passò dal 33 al 25 per cento e quella marginale dall’85 al 40 per cento. Privatizzazioni e liberalizzazioni non intaccarono i fondi dedicati alla spesa sociale che aumentarono di ben tre punti percentuali sul PIL, a dispetto di quanto sostennero per molto tempo i detrattori del primo ministro del Governo di Sua Maestà che l’accusarono di macelleria sociale per non avere posto attenzione alle conseguenze delle sue politiche “ultra liberiste”.

La Thatcher promosse in politica ed in economia, invece, una visione coerente del liberismo non tanto e non solo perché fosse convinta che questa scuola di pensiero fosse in grado di assicurare progresso, sviluppo e benessere ad un Regno Unito malato di socialismo, quanto e sopratutto perché il liberismo era considerato dal primo ministro un sistema di governo della società fondato su saldi e indiscutibili principi morali.

Lo Stato, innanzitutto, era considerato da Iron Lady una costruzione artificiale necessaria esclusivamente alla tutela della vita, della libertà e della proprietà dei cittadini, e non già un Leviatano al cui accrescimento smisurato e senza senso dedicare le energie di milioni di cittadini.

Al collettivismo che annegava nelle fumisterie di concetti astratti come “società” e “classi sociali” la libertà dei singoli esseri umani, la Thatcher preferì sempre un rigoroso individualismo che pretende da ciascun cittadino la responsabilità prima di ogni altra cosa. La responsabilità di lavorare, di darsi da fare, di arricchire se stessi e la nazione cui si appartiene, la responsabilità di coltivare la virtù della parsimonia dalla quale alimentare la risorsa del risparmio privato.

Alle amministrazioni pubbliche la signora Margaret chiese sempre di trattare con il massimo riguardo le tasse dei cittadini e di non esagerare nel prelievo fiscale sino al punto da autorizzare i sudditi di Sua Maestà a ritenerlo un furto.

Ma sopra ogni altra cosa la signora Thatcher coltivò un’idea cristallina della leadership intesa come guida dei processi politici ed economici non soggetta alla volubilità repentina degli umori dell’opinione pubblica, tanto da affermare, senza avvertire alcun timore, che il consenso è la negazione della leadership ed il rifugio di chi non ha principi.

A cinque anni di distanza dalla scomparsa di un personaggio di così grande spessore umano e politico si può serenamente affermare, di fronte alle decine di sciocchezze propagandate a raffica da numerosi nullafacenti che provvisoriamente hanno trovato un’occupazione presso il Parlamento nazionale, che il pensiero di Lady Thatcher rappresenta ancora un sicuro approdo, e allo stesso tempo un irrinunciabile punto di partenza, per tutti gli amanti della libertà.

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