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Solo il fattore economia può fermare Salvini. Intervista ad Andrea Altinier

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“La via giudiziaria non abbatterà Salvini. I suoi elettori hanno delle convinzioni troppo forti per essere scalfite dagli scandali. Solo il fattore economia sembra in grado di fermarlo”.

Andrea Altinier, docente universitario presso lo Iusve, a lungo consulente di Luca Zaia, esperto di comunicazione politica e media relation (ha collaborato con Swg e collabora con Youtrend.it), fotografa con un’analisi a tutto campo il quadro politico e comunicativo delle ultime settimane.

MARTINO LOIACONO: Professor Altinier, non possiamo non partire da Salvini: cosa ne pensa della vicenda della moto d’acqua? E del post sulla foto di Gabriel Christian Natale Hjorth bendato nella caserma dei carabinieri?

ANDREA ALTINIER: Sono due temi diversi. Partiamo dal caso della moto d’acqua. Ritengo che nella comunicazione di Salvini tutto sia curato al dettaglio, soprattutto sui social. Sapeva che il caso sarebbe diventato virale e lo ha quindi definito come “un errore da papà”. E così lo ha inserito nel suo storytelling legato all’umanizzazione della leadership. Questa vicenda potrebbe essere ricollegata ai post sulla Nutella e i cibi a cui ci aveva abituato: chi non ama fotografare i piatti che mangia? Chi non farebbe fare un giro sulla moto d’acqua al proprio figlio?

Ben diversa è la foto del presunto omicida americano bendato. Questo è un passaggio decisivo nella sua comunicazione, una vera e propria svolta con cui cambia il suo ruolo. Se fino a qualche settimana fa Salvini era una sorta di àncora di salvezza per la sicurezza del “popolo”, con questa foto scavalca la barricata e va a fianco della gente, annullando la distanza con gli elettori e fuoriuscendo dalle prerogative del suo ruolo. Ha così inizio una nuova puntata del suo storytelling, come confermano le rappresentazioni al Papeete di Milano Marittima con il ministro in spiaggia ed in console. È un Salvini nazional-popolare che ha annullato ogni tipo di confine tra ministro e capo-popolo, rafforzando ulteriormente l’umanizzazione della propria leadership.

ML: Se questi episodi non hanno scalfito il suo consenso, cosa può scalfirlo? La vicenda Moscopoli?

AA: Questi episodi non hanno assolutamente intaccato il suo consenso. Come la vicenda Carola che non gli tolse voti. Carola che, tra l’altro, è anche sparita dall’agenda. Secondo me la via giudiziaria per indebolirlo non funziona, perché i suoi elettori hanno delle convinzioni difficilmente scalfibili. Basti ricordare cosa accadde nel ventennio berlusconiano. L’elettorato del nostro Paese, e quello leghista in particolare, ha gli anticorpi per gli scandali e poi non vi è più l’effetto sorpresa delle inchieste. La via giudiziaria non ha più un effetto mobilitante: Berlusconi non cadde per le olgettine ma per lo spread. Insomma, solo l’assenza di risultati politici tangibili può colpire il consenso di Salvini.

ML: È possibile battere le sue tecniche comunicative? Vede dei rischi per il suo consenso?

AA: Il rischio che corre Salvini è quello del pesce palla, cioè che caricando su di sé troppe aspettative poi “esploda” perché sovraccaricato. Se non dovesse realizzare tutto quello che sembra in grado di fare rischia un crollo. È un’ipotesi che però non è all’orizzonte, anche perché non ha grossi competitor. Non c’è alternativa e per questo ritorna l’effetto àncora: il leader leghista sembra l’unico soggetto che può salvare l’Italia. La sua offerta continua a raccogliere la maggioranza dell’elettorato. Comunicativamente l’unico che sembra dargli filo da torcere è Renzi.

ML: Quindi Renzi potrebbe insidiare il suo dominio?

AA: No, anche se su alcune cose sembra ancora forte (penso alla mozione di sfiducia contro Salvini). Ad oggi, però, l’ex segretario del Pd ha poca fiducia e non riesce a risalire la china. Fatica a far presa sull’elettorato come fece qualche anno fa. Non ha più la fiducia degli italiani. Il fallimento del referendum del 2016 e le politiche del 2018 sono stati due colpi letali.

ML: Molti stanno paragonando il successo di Salvini a quello di Renzi: vede delle analogie?

AA: No, tra i due c’è un’enorme differenza. Nella Lega brand e testimonial coincidono, perché Salvini incarna entrambi. La percezione proiettata all’esterno è quella di un’enorme compattezza. Da qui deriva una comunicazione efficacissima che arriva ovunque (televisione, stampa e territori). Renzi, anche quando era forte, era solo un buon testimonial. Il brand, però, non era allineato alle sue istanze. Anche quando era a Palazzo Chigi c’era un costante rumore di sottofondo che limitava la sua forza, a causa delle costanti discussioni sulla sua linea comunicativa e politica. L’ex segretario del Pd era più istituzionale e forse più efficace di Salvini, ma la sua narrazione è stata inficiata dal partito che non ha marciato al suo fianco. Per questo Salvini, se dovesse andare in difficoltà, non crollerà così velocemente come crollò Renzi.

ML: Come si sta muovendo il Pd in questa fase?

AA: Zingaretti mi sembra che stia facendo un lavoro più che buono. Sta cercando di riallacciare i rapporti con la base, andando nelle periferie e facendo politica in modo tradizionale. Questo lavoro viene spesso vanificato dalla vita parlamentare in cui l’opposizione del Pd è debole e molto frammentata. E poi c’è un’enorme litigiosità interna che sta distruggendo i Dem. Sulla vicenda Carola, ad esempio, Zingaretti si era anche posizionato bene, chiedendo che intervenisse il presiedente del Consiglio. I parlamentari saliti sulla barca, però, hanno rovinato il suo lavoro. Finché rimarranno queste incoerenze e tante voci così diverse, il Pd è destinato a rimanere all’opposizione.

ML: E i 5Stelle che fine hanno fatto?

AA: I 5Stelle hanno continuato a sgretolare la propria identità. Basti pensare al mandato zero e alla Tav. Questi sembravano due valori non negoziabili e invece sono stati cestinati. I sondaggi, non a caso, continuano a darli in ribasso. La loro reputazione è ormai in caduta libera. Del resto Di Maio ha ridotto notevolmente i post giornalieri, lasciando il passo ai messaggi martellanti di Salvini. Un altro elemento che segna le difficoltà di Di Maio è il modo con cui ha trattato il caso Bibbiano. Mentre Salvini si è focalizzato sugli affidi, i 5Stelle hanno cercato di identificare il Pd con il partito di Bibbiano. Un atteggiamento usato più volti nei momenti di grave difficoltà.

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