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Rimuovere le nostre radici non aiuta l’integrazione: al contrario, la ostacola

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Con la cancellazione del nome di Gesù dalle canzoncine di Natale il politicamente corretto ha raggiunto una delle sue vette più alte. In una scuola di Riviera del Brenta, in Veneto, delle maestre hanno deciso di censurare il suo nome dai canti natalizi per non urtare la sensibilità dei non cattolici. Sennonché una giovane studente, di appena dieci anni, si è attivata e con una raccolta firme ha riportato la situazione alla normalità.

Diciamo la verità: è inutile stupirsi. Ormai nel nome del multiculturalismo più sfrenato è possibile cancellare la propria identità e la propria storia anche con le modalità più subdole e meschine. L’idea di irritare atei e persone di un’altra fede citando semplicemente Gesù fa rabbrividire. Come può il solo nome di un personaggio religioso disturbare i non credenti o gli esponenti di altre religioni? Come è possibile voler rinnegare le proprie radici solo per non turbare qualcuno? Di questo passo, per assurdo, dovremmo abbattere Chiese, monumenti e simboli religiosi. Bisognerebbe altresì depurare tutto il nostro patrimonio artistico-letterario che contiene soggetti legati alla fede. Dovremmo, se portiamo alle estreme conseguenze questo tipo di ragionamento, cancellare il nostro passato perché potrebbe infastidire qualcuno. L’operazione sarebbe molto complicata perché il cristianesimo ha definito l’identità dell’Italia per un lunghissimo periodo. Prima dell’unificazione politica il legame tra le popolazioni della Penisola, oltre che dalla letteratura che rimaneva un fatto piuttosto elitario, era costituito esclusivamente dalla religione.

Insomma, il cristianesimo per l’Italia, prima che una fede, è un elemento identitario imprescindibile. Crocifissi, canti di Natale e presepi hanno un valore storico fondante. Rimuoverli nel nome del multiculturalismo è un eccesso che non si basa sul laicismo, ma su un processo di scristianizzazione forzata. Uno sradicamento violento della nostra identità privo di senso storico. Attenzione: con tutto ciò non si sta affermando che si vuole tornare ad uno Stato confessionale. Si sta semplicemente ricordando il valore del cristianesimo per il nostro Paese. E se un liberale laico come Benedetto Croce affermava che non possiamo non dirci cristiani, forse dovremmo iniziare a porci qualche domanda.

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