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Il pericolo della censura sui social media: una “Stasi” del pensiero unico da contrastare

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo un articolo di Syra Rocchi, di recente censurata da Facebook, per approfondire il ragionamento avviato da Guido Bedarida riguardo la censura sui social media.

La censura delle opinioni e dei fatti che Facebook esercita sui suoi utenti deve essere combattuta senza mezzi termini in quanto solo una delle modalità di avversione alla libertà di espressione di un mondo che sembra sempre più piegato al più mistificante politically correct e repressivo di ogni conquista occidentale ottenuta in decenni di impegno libertario. Una censura che si abbatte non solo sulle tante persone (24 milioni solo in Italia!) che accedono a questo social network, ma sull’intero mondo occidentale, nelle forme più disparate.

Il nostro mondo libero sta genuflettendosi ogni giorno di più ai diktat di chi vuole tappare la bocca al dissenso politico, religioso e di costume, in nome di una pretesa etica comune imposta come giusta per tutti.

I più colpevoli sono quelli fra noi che fungono da cavalli di Troia dei nuovi oppressori, i buonisti dell’accoglienza a tutti i costi di chiunque, i ciarlatani che spacciano per religione di pace la religione più agguerrita e oppressiva che esista, i relativisti, i moralisti senza morale, quelli che chiamano addirittura razzisti coloro che combattono il nuovo vero razzismo e li processano, li bandiscono o cercano di bandirli dalla società civile.

Colpevoli siamo tutti noi che lasciamo che ci chiudano la bocca adattandoci pur obtorto collo alla nuova schiavitù del pensiero e della sua espressione, ché “tanto non ci si può far nulla”. Si può e si deve almeno cercare di fare qualcosa.

Personalmente intendo mettere in moto iniziative pubbliche partendo dal caso Facebook che almeno tentino di contrastare questo andazzo, coinvolgendo persone che per la loro visibilià mediatica possano incidere su questo sonno della ragione, contro i mostri che stanno generandosi giorno per giorno in tutti i nostri Paesi teoricamente liberi ma che in pratica lo sono sempre meno.

Si può benissimo vivere anche fuori da Facebook, ma non posso vivere in una società che accetta supinamente di essere controllata e punita dall’ignoranza, dalla sopraffazione dei diritti individuali che dovrebbero essere inalienabili, da chi vuole imporre il pensiero unico in tutti i campi, dai neo questurini addetti a reprimere e ingabbiare, da questa “Stasi” operante fra noi.

Sappiate solo questo. Che non smetterò di lottare perché il nostro mondo libero non si lasci piegare e perché non si suicidi facendo il loro sporco gioco. Quando sarà, ma anche sin da ora, spero di avervi al mio fianco.

Non dobbiamo aver paura di difendere i nostri diritti. Ciascuno come gli è possibile, nell’ambito in cui opera. Penso soprattutto ai giornalisti fra noi, che dovrebbero fare in modo che i media con i quali collaborano si assumano la responsabilità di denunciare questa ignobile deriva. A cominciare da quella messa in atto ogni giorno da Facebook.

Farò quello che potrò, forse sarà poco ma sarà sempre più dignitoso che essere ridotta a succube. Voi, cercate di fare la vostra parte, perché la cosa ci riguarda. Tutti. Voi, i vostri figli, i vostri nipoti, i vosti amici e milioni di persone a rischio del mondo cui apparteniamo, della cultura che è la nostra cultura. Un mondo ed una cultura certo difettosi, evidentemente fragili, ma che sono gli unici che valga la pena di difendere e nei quali vivere.

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