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La lingua nuovo campo di battaglia delle questioni di genere e identità: con esiti esilaranti

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“È scritto nel vocabolario!”, ribadisce spesso Vittorio Feltri, quando viene attaccato per alcune sue espressioni, specie quando è chiamato a parlare di uomini e donne. Il direttore di Libero dal canto suo si diverte a provocare e ad aizzare i toni, con gli altri che ci cascano in pieno, ma per quanto ci si possa appigliare alla grammatica e al dizionario, può non bastare perché la lingua è ormai il nuovo campo di battaglia delle questioni di genere ed identità, rasentando se non il ridicolo – non vorremmo offendere nessuno, la retorica di oggi ha il grilletto più che mai facile – almeno il senso del limite.

Esistono infatti dei manuali di conversazione per quando ci troviamo di fronte ad una persona di genere non-binario: troppo facile pensare a maschi e femmine, Marte e Venere, perché tra le distinzioni ormai riconosciute vengono tirati in ballo anche gli altri pianeti del sistema solare. Superando il reazionario confine, si entra nel territorio delle persone di genere non-binario e per non apparire scortesi o maleducati, è buona cosa prendere nota di come ci si debba rivolgere loro. Via le ingombranti etichette, via maschile e femminile, e pure singolare ed plurale, possono correre in aiuto l’inventiva, ma anche lo spirito di sopravvivenza. Basta spersonalizzare il nostro interlocutore – tanto che problema c’è, se i tratti distintivi scompaiono per essere fatti tutti con lo stampino?

Alcuni suggerimenti raccolti sul web. Se non conosciamo il genere della persona, invece di domandarle se si è divertito o divertita ad una festa, meglio optare per un indefinito “è stato divertente?”, in modo da “evitare di urtare la sensibilità altrui”. Perché non c’è come utilizzare i pronomi per compiere un delitto: se una volta era la penna che feriva più della spada, ora sono le regole grammaticali. Nel linguaggio scritto viene in aiuto l’asterisco: “ti sei divertit*?”. Così, oltre a sdoganare i generi non-binari l’evoluzione della specie ha dato linfa nuova ad un simbolo che per troppo tempo è stato prigioniero delle note a piè pagina e dei rimandi ad altre parti di un testo rendendolo più prolisso di quanto occorresse. Se proprio aveste voglia di metterci una vocale, buttatevi però sulla neutrale “u” (“ti sei divertitu?”): mettete che il destinatario sia pure sardo, si sentirà doppiamente lusingato. La lingua persiana da sempre la utilizza come pronome neutro. Un lusso per i transgender iraniani, quando non rischiano il linciaggio pubblico. Se vi siete persi, se il vostro ragionamento ha deragliato messo alla prova con la comunicazione non binaria, ascoltate con attenzione quale pronome utilizza il soggetto non-binario e adeguatevi. Non fate eccezioni, se ha la barba e preferisce il femminile, ricordate che la donna barbuta è sempre piaciuta: l’austriac* Conchita Wurst ha trionfato all’Eurovision Song Contest cinque anni fa.

Nella lingua inglese è stata introdotta la “x” neutra: Mr., Mrs., Miss possono trasformarsi semplicemente in Mx., azzerando contorni, connotati ed ulteriori elementi fisici. Dopotutto nel 2015 la rivista Glamour ha nominato Woman of the year Caitlyn Jenner, già William Jenner, ex atleta american*, padre di due figlie e oggi personaggio televisivo: ha ancora il pene, pesante fardello della cultura maschilista, ma poco importa, ci ha messo una croce, una “x”, sopra. In spagnolo invece si possono adottare la/il “æ”, di latina memoria (com’erano avanti questi Romani) o nella forma scritta la “@”, così sui social potrete taggare tutti senza distinzione alcuna.

“Se i pensieri possono corrompere il linguaggio, il linguaggio può corrompere i pensieri”, scriveva George Orwell che alla manipolazione della lingua come arma di controllo della mente ha dedicato gran parte del suo lavoro. La lingua sta diventando neutra, paradossalmente nella spasmodica ricerca di ottenere una sola tonalità che non discrimini ha cancellato i suoi colori, lasciandocene uno solo: un tristissimo grigiastro informe.

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