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Il regime iraniano abbandona lo storico ospedale israelitico di Teheran, mentre finanzia Hamas

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Hassan Rouhani, il cosiddetto “moderato” presidente dell’Iran, è riuscito dove persino il suo predecessore, negazionista, Ahmadinejad, non si era spinto: dopo quasi 80 anni di onorata carriera, chiude ufficialmente l’ospedale israelitico Dr. Sapir Hospital and Charity Center di Teheran.

L’ospedale vide la luce nel 1942, dopo una epidemia di tifo diffusa in Iran. Fu il primo ospedale di beneficenza nel Paese e venne fondato dal dottor Yaghoub Massaband. In questi decenni, l’ospedale israelitico Sapir ha curato innumerevoli pazienti, senza ovviamente guardare al loro credo o alla loro etnia. Per la sua eccellenza medica è stato un punto di rifermento per tanti cittadini di Teheran, e non solo, che non potevano permettersi di pagare le cure altrove.

Purtroppo, la crisi economica causata dall’epidemia di coronavirus ha avuto un effetto drammatico anche su questa struttura sanitaria. Invece di stanziare fondi pubblici per aiutare l’ospedale Sapir a restare aperto, e magari trasformarsi in Covid-hospital, il governo iraniano ha deciso di abbandonare la struttura sanitaria a se stessa, provocandone la chiusura che, se non si riuscirà a trovare una soluzione entro il prossimo 25 luglio, sarà di fatto irreversibile. Ovviamente, con il conseguente licenziamento di decine di lavoratori e lavoratrici, e l’abbandono al loro destino dei malati che l’ospedale ha tuttora in cura.

Mentre lo storico ospedale israelitico di Teheran viene abbandonato al suo destino, il regime iraniano riesce a trovare senza problemi gli oltre 30 milioni di dollari che mensilmente vengono versati dalla Repubblica Islamica all’organizzazione terroristica palestinese Hamas.

Senza contare i fondi che Teheran versa ad Assad (almeno 15 miliardi di dollari), a Hezbollah (quasi un miliardo di dollari l’anno), alle milizie paramilitari sciite sparse tra Iraq e Siria (quasi 200 milioni di dollari l’anno) e alla Jihad Islamica palestinese (100 milioni di dollari l’anno). Una cifra totale che raggiunge almeno i 16 miliardi di dollari l’anno, che rende il regime iraniano il primo Paese al mondo per finanziamento del terrorismo internazionale.

Fondi pubblici che il regime devia dalle reali necessità del popolo iraniano – come appunto il salvataggio e il miglioramento delle strutture sanitarie, l’acquisto di farmaci e soprattutto l’acquisto dei vaccini anti-Covid – al solo scopo di perpetuare la rivoluzione khomeinista all’estero.

Tornare ad un accordo sul programma nucleare con la Repubblica Islamica senza includervi non solo la minaccia missilistica ma anche quella terroristica, significherebbe solo legittimare nuovamente un regime criminale che, proprio per le sue politiche destabilizzanti, ha provocato non solo la reazione dei vicini, ma anche quella dell’ormai stanco popolo iraniano. Un popolo che ha pagato col sangue le sue coraggiose proteste e i suoi slogan, come “No Gaza, No Libano, la mia vita solo per l’Iran”.

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