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Chi si salverà dal logorio della pubblicità invadente, fracassona e politically correct di oggi?

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“Contro il logorio della vita moderna, bevete un Cynar”. Così ripeteva un coraggioso Ernesto Calindri, rischiando la vita seduto al tavolino da bar posto all’incrocio delle rotaie del tram, in una Milano ancora in bianco e nero ed ancora caratterizzata dai “ghisa” col casco bianco di sapore vagamente coloniale. Era il medesimo periodo in cui un altro ottimo attore italiano, Cesare Polacco, divenne notissimo al grande pubblico per la sua celebre frase, pronunciata scappellandosi, nei panni dell’ispettore Rock: “Anch’io ho commesso un errore: non ho mai usato la Brillantina Linetti”, mostrando la sua pronunciata calvizie. Erano tempi di cose semplici, di persone dal cuore semplice, di una vita, tutto sommato, più semplice e pulita di quella odierna. Un amaro non veniva pubblicizzato per i suoi miracolosi effetti socializzanti nei balli estivi di fenomeni palestrati e la brillantina (l’antesignana del gel) si riteneva ingenuamente che potesse addirittura rallentare o evitare del tutto la caduta dei capelli. Ci si accontentava di poco, di innocue iperbole linguistiche che facevano sorridere e non turbavano né i grandi e, men che mai, i più piccoli. La pubblicità commerciale non mirava ad inferire una coltellata al fegato al pubblico, a dare lo schiaffo ad ogni costo, perché di coltellate e di schiaffi ne facevamo tranquillamente a meno. Adesso parrebbe necessario essere quotidianamente colpiti dalla creatività truculenta e da quasi eroi che i protagonisti dei nostri spot sembrano porre alla base del messaggio promozionale che incorporano. Un profumo non serve più a rendersi più gradevoli, ma bensì a farsi acquistare perché chi lo indossa deve imporsi come un guerriero, un ammazzatutti, un eroe spregiudicato ed anticonformista dell’immaginario attuale, dove contano solo i “vincenti”. Bisogna dominare  la notte, sconfiggere le asperità delle strade ai duecento all’ora, battere tutti in velocità per mezzo di scorciatoie improbabili e quasi sempre vietate. Questo il messaggio. Non occorre certamente essere provetti sociologi per individuare nella pubblicità fracassona di oggi lo specchio del modello sociale che sembrerebbe essere quello più ammirato ed agognato dai consumatori, intesa come massa bovina da indirizzare nei giusti recinti costruiti da altri.

Mancava soltanto la solita mestolata di melassa sociale, e vuoi che possa mancare alle nostre pubblicità? Ecco le grandi e piccole aziende, anche e soprattutto le più prestigiose, tutte impegnate a correre muggendo gioiosamente a ricevere la badilata di miele sulle corna per poter “attualizzare” il loro messaggio promozionale con frasi di sapore quasi illuministico, esibire bandierine che fanno capolino tra i rotoli di carta igienica, scie tricolori che solcano cieli invariabilmente sereni che ci dicano che, dopo aver subito uno stop forzato, nel quale siamo stati campioni di perseveranza e sapienza, acquistando i loro prodotti saremo lanciati verso un futuro radioso e pregno di operosità e fratellanza universale. Come non acquistare la merendina o il detersivo venduti dagli illuminati che, mentre noi stavamo volgarmente cristonando chiusi in casa, già si adoperavano altruisticamente in vista delle fasi due, tre, quattro e tutte quelle successive che ci verranno simpaticamente imposte a breve? Ma ci vogliamo mettere in testa, noi poveri compratori compulsivi, che questi paladini del commercio equo-solidale-politically-correct- ecosotenibile-riciclabile ci stanno emendando da secoli bui nei quali supinamente utilizzavamo addirittura prodotti pieni di plastica o costruiti con il bieco sfruttamento sociale dei lavoratori? Ma santissimo lockdown! Ci ha permesso di affidarci finalmente alle persone giuste, quelle, per chi ci creda, che ci daranno addirittura il pass per il Paradiso, mica pizza e fichi! Protestano le nostre orecchie per proditorie pubblicità sparate a livello superiore ai 90 decibel? Fa niente: ci salveranno i venditori di apparecchi acustici, diventati talmente minuscoli da perdersi nel condotto auricolare, e se non riuscissimo a recuperarli, verranno ritrovati in due minuti dalla clinica estera da un trionfante medico dal cognome impronunciabile che ce lo rammostrerà con orgoglio: “Trovato! Se restavi in Italia, col cavolo che te lo trovavano!”. Avremo speso un botto per farci togliere il coso dall’orecchio? Anche qui, tutto già risolto in partenza: la finanziaria (pardon, ora si chiamano tutte banche) del momento ci farà il prestito giusto, a TAG e TAEG risibili, e tutto andrà a posto. Se poi, putacaso, scoprissimo a nostre spese che la finanziaria ci sta strozzinando, potremo sempre far conto sugli spot televisivi istituzionali a fondo blu, quelli che ci ricordano che il Governo (quale che sia in carica al momento) non lascia indietro nessuno e che in Italia il malaffare non dilagherà mai.

Ce n’è anche per chi decidesse di non subire il bombardamento di massa della pubblicità spegnendo la tv e non leggendo più i giornali. Mettiamo che uno decida di mandare tutti a farsi friggere e di sottrarsi al quotidiano lavaggio del cervello. Inutilmente il povero illuso penserà di poter finalmente riappropriarsi del sovrano piacere di comprare le cose che decida lui, di vestirsi come cavolo piace a lui, di usare l’automobile che a lui va bene. Quand’anche avesse appiccato il fuoco a radio e tv, utilizzando la carta stampata, basterebbe metter il naso sulla soglia di casa per ritrovare la cassetta della posta che implora di essere svuotata dai depliant multicolori che fanno capolino dalla fessura. Buttare via pure la cassetta della posta? Ho recentemente scoperto, informandomi, che è addirittura obbligatorio averne una. Incredibile ma vero. Darsi allora all’eremitaggio, alla vita da anacoreta che vive nella capanna sulla cima irraggiungibile? Bisognerebbe essere molto ricchi e dotati di ogni confort per poterselo permettere, ammesso che la cosa possa davvero piacere. E allora che fare? Ditemelo voi. Ora scusatemi, devo scacciare con il bastone il venditore porta a porta di surgelati che per la settima volta, alla mia richiesta, espressa con tono civile, di lasciarmi un catalogo per esaminare la loro offerta e, semmai, fare poi un ordine online, mi ripete il mantra del catalogo in copia unica, che non può lasciare a nessuno e che deve essere sfogliato in sua presenza. Manco capaci di valutare autonomamente cosa sia e quanto convenga il loro filetto di platessa. Nemmeno di quello siamo ormai considerati capaci. Siamo umile ed innocuo bestiame generosamente addestrato e disciplinato dagli illuminati venditori di qualsiasi cosa materiale o immateriale che sia. Buona fortuna.

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